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Ma la trasparenza resta in diciassettesima posizione

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La questione della trasparenza resta ancora irrisolta all’Ordine Veneto. Ormai diversi mesi fa abbiamo proposto di discutere la pubblicazione dei verbali del consiglio (LEGGI QUI). E l’argomento sta effettivamente fra i punti all’Ordine del Giorno. Il problema, come spesso accade, è la posizione.

A Dicembre 2011 era al diciannovesimo posto. Oggi è al diciassettesimo posto.
Due posizioni in quattro mesi non sono un bel risultato, e dato che l’ordine del giorno lo decide il presidente, aspettiamo lui. Se tutto procede come dovrebbe, si arriverà a discutere l’argomento verso il 2013, a fine mandato… è evidente che la pubblicazione dei verbali, su cui tutti i consiglieri sono a parole favorevoli, in realtà non è gradita a tutti. Pazienza, Altrapsicologia ribadirà il concetto ad ogni consiglio.

Ma non è solo la pubblicazione a sembrare difficoltosa: i verbali dei consigli degli ultimi sette mesi sono spariti, roba che se devi verificare qualcosa dei consigli degli ultimi sette mesi non puoi farlo perché manca la cronaca ufficiale degli eventi. Stavamo per chiamare Chi l’ha Visto, ma il segretario Policastro ci ha chiarito l’arcano in consiglio: tutte le bozze di verbale stanno sulla scrivania del presidente, che insiste per vederle prima di mandarle ai consiglieri. Forse è in attesa del miracolo della purificazione delle bozze… E se non li hanno i consiglieri, i verbali, figuriamoci gli iscritti.

Eppure, se un consiglio lavora bene la pubblicazione dei verbali dovrebbe essere un orgoglio. Molti ordini già lo fanno, l’Ordine Psicologi della Lombardia (maggioranza Altrapsicologia) ha deliberato alcuni mesi fa la pubblicazione integrale dei verbali passati, presenti e futuri. Ma abbiamo compagnia illustre, ad esempio l’Ordine Avvocati di Roma.

Invece, l’Ordine Veneto sembra preferire le strombazzate alla vera trasparenza, e così il presidente ci manda la newsletter con il post scriptum per comunicarci che è stato approvato il bilancio, con la listarella dei consiglieri che hanno votato. Ma si guarda bene dall’agevolare la pubblicazione integrale dei verbali, che permetterebbe di farsi un’idea di quel che succede davvero leggendo gli interventi fatti in consiglio. Ne varrebbe la pena, magari c’è materiale da farci un romanzo e noi non ce ne rendiamo conto!

Insieme alla pubblicazione dei verbali, avevamo mandato pure una richiesta di accesso agli atti dell’Ordine. Un paradosso già dover fare questa cosa, visto che come consiglieri abbiamo il compito di vigilare sulle attività dell’ente. E la risposta è un capolavoro di quelli veri: arriva nell’ultimo giorno utile prima della scadenza dei termini, e questo già ci racconta qualcosa della volontà reale di garantire l’accesso alle informazioni. Una risposta ben confezionata, che pone una sorta di accesso condizionato agli atti dell’ordine anche da parte dei consiglieri. E così, se uno volesse compiere una verifica generale sui conti correnti o sulle delibere dovrebbe richiederlo per tempo, specificando cosa vuol vedere e perché. Ma se non sappiamo cosa c’è, come facciamo a sapere cosa vogliamo vedere? boh. In realtà vorremmo vedere tutto, dato che siamo consiglieri.

Nell’era della comunicazione social, i rituali messi in atto dalle istituzioni per l’accesso alle informazioni appaiono strambi e barocchi come i costumi del carnevale di Venezia. Ma questi rituali, che dovrebbero servire a proteggere le informazioni davvero riservate, finiscono per essere usate per ostacolare l’accesso anche ad informazioni che ben potrebbero essere accessibili o addirittura pubbliche, e si prestano bene agli interessi di chi vuol fare il pesce in barile in materia di trasparenza.

Perché tutto è normativamente corretto, fino al midollo. Ma di quella correttezza un po’ rigida, che alle volte resti lì in consiglio con il mento nella mano, ad aspettare che uno si legga l’articolo di regolamento, che l’altro si informi, che il terzo proponga il parere legale. Siamo arrivati al paradosso di votare per inserire un punto straordinario all’ordine del giorno per decidere una nuova data per la prossima riunione. Due votazioni straordinarie per decidere una data, la prima per decidere che possiamo decidere e la seconda per decidere. Farebbe ridere, se non fosse tutto a spese degli iscritti.

Normativamente corretto è anche l’inserimento di 53 punti all’ordine del giorno, uno per ogni settimana dell’anno, un magma indifferenziato che soffoca ed impedisce di arrivare a decidere: chiedendo oggi di discutere una qualunque proposta, essa verrebbe discussa fra un anno. Se bocciata e ripresentata, rifarebbe la fila come alle poste? Tutto questo produce il risultato di rendere inutili e anacronistiche le proposte.

Tutta questa dinamica, che somiglia sempre più ad ostruzionismo, è evidente nei verbali di consiglio, che Altrapsicologia continua a chiedere di pubblicare.

Ciò che avviene oggi non è trasparenza. Nulla di tutto questo garantisce agli iscritti e alla società una gestione adeguata dell’ente pubblico. Se gli ordini professionali possono essere invasi da questo genere di dinamiche, la nostra granitica convinzione che siano istituzioni utili non può che vacillare. Perché l’utilità di un’istituto si misura anche dal rischio di management a cui si espone.

Non è la legge ad essere violata, ma le regola della buona amministrazione che nessuna legge può imporre. L’aspetto drammatico è che nei piccoli enti pubblici tutto è possibile, e con gli amministratori giusti questa galassia di piccoli regni si presta ad un certo stile da repubblica delle banane che resta una tentazione per molti, quando si trovano in mano una fettina di potere finanziata con soldi altrui.

L'articolo Ma la trasparenza resta in diciassettesima posizione sembra essere il primo su AltraPsicologia.


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